Fabio Falchi è uno dei massimi esperti mondiali di inquinamento
luminoso. È il primo autore dell’Atlante Mondiale dell’Inquinamento Luminoso
(pubblicato sulla rivista scientifica “Science Advances” nel giugno 2016),
ricercatore presso l’ISTIL (Light Pollution Science e Technology Institute) ed
è il presidente di CieloBuio – Coordinamento per la protezione del cielo
notturno.
(Nella foto Fabio
Falchi – Credits: Emmanuele Macaluso per Cosmobserver)
È un pomeriggio di metà novembre,
quando incontriamo Fabio Falchi
presso l’Osservatorio Astronomico di San
Benedetto Po in provincia di Mantova. Dopo le presentazioni, non abbiamo iniziato
subito l’intervista come da prassi, ma è iniziato un confronto sul tema dell’inquinamento luminoso e sulla
divulgazione di massa di questo problema. Un confronto che non solo ha
riscontrato una “visione comune” del tema, ma ha messo in evidenza la grande
passione, la competenza tecnica e la determinazione di Falchi.
Una competenza sviluppata in più
di 35 anni, grazie - anche - alla collaborazione con un team di esperti e
scienziati che ha preso forma a livello globale.
La prima domanda è d’obbligo: Quando è iniziato il tuo interesse per
l’inquinamento luminoso?
Era il 1981, avevo letto un
articolo di Piero Bianucci sulla
testata “L’Astronomia”. Bianucci
trattava il tema dell’inquinamento luminoso relativamente ad una ricerca della Specola Vaticana per l’individuazione
di un luogo per il posizionamento del grande telescopio italiano che è stato successivamente
costruito alle Canarie.
Allora ero già un astrofilo, e la mia passione per il
cielo mi metteva di fronte a questo problema. Con l’andare avanti del tempo
tuttavia, ed entrando più a fondo nel problema e nella sua evoluzione, mi sono
reso conto che l’aspetto astronomico andava in secondo piano rispetto ad altre
questioni come le ricadute sulla salute e
sull’ambiente.
Mi è stato chiaro fin da subito
che alla mia generazione veniva preclusa la possibilità di vedere lo stesso
cielo stellato che vedevano i nostri nonni. Eppure il contatto con il cielo è
estremamente importante.
Mi viene in mente un aneddoto,
secondo il quale, alcuni soldati americani impiegati in Afghanistan, guardando
il cielo si sentivano più vicini a casa, perché riconoscevano le stesse
costellazioni che potevano vedere anche dagli Stati Uniti. Evidentemente in
patria avevano la fortuna di vivere in aree non inquinate.
Parlaci dell’Atlante Mondiale dell’Inquinamento Luminoso
È stato un lavoro di squadra.
Avevamo già lavorato ad una prima versione dell’Atlante nel 2001. Oltre a me,
in quel progetto erano impegnati Pierantonio
Cinzano e Chris Elvidge del NOOA.
L’Atlante voleva essere
innovativo rispetto ai lavori precedenti. Invece di analizzare ed elaborare le
“mappe da abitanti” che contengono i “dati di popolazione” delle aree abbiamo
voluto lavorare sui “dati da satellite”.
Il lavoro ovviamente è iniziato
prima del 2001. Era infatti il 1996 quando, lavorando alla mia tesi di fisica,
e volendo fare delle mappe sull’inquinamento luminoso contattai Chris Elvidge. Siamo riusciti ad
utilizzare i dati dei satelliti metereologici militari del DMSP (Defense Meteorological Satellite Program). Questo programma
satellitare esiste dalla fine degli anni ’60. I satelliti vengono spesso
aggiornati o sostituiti con strumenti di bordo che hanno una sensibilità sempre
maggiore.
Ovviamente l’Atlante non è
semplicemente un insieme di foto scattate da satellite, è diverso, rappresenta
infatti una sofisticata elaborazione che tiene conto di come si propaga e come
si diffonde la luce nella nostra atmosfera. “Per ogni pixel, quindi per ogni sito sul pianeta, andiamo a valutare
tutti i contributi alla luminosità del cielo in quel sito dovuti alle luci
artificiali nel raggio di 210 km”.
Ora, per chi non si occupa di
informatica sicuramente non sarà facile comprendere fino in fondo questo dato. Per
renderlo più comprensibile basti pensare che 40 computer hanno lavorato per
settimane ininterrottamente al fine di ottenere la mappa dell’inquinamento
luminoso che vediamo nell’Atlante.
Dopo il 2001 vi fu l’intenzione
di produrre un secondo Atlante. Per diverse ragioni non siamo riusciti a farlo
in tempi rapidi. Ci fu una versione intermedia del 2013, ma abbiamo preferito
aspettare i dati del sensore VIIRS montato a bordo del SUOMI NPP (National Polar-Orbiting Partnership) che è stato lanciato nel
dicembre 2012. Abbiamo atteso i dati e li abbiamo elaborati nella primavera
2015.
La prima “uscita pubblica” del
nuovo Atlante è avvenuta attraverso una mia presentazione alla General
Assembly dell’International Astronomical Union (IAU) che si è svolta ad
Honolulu (Isole Hawaii).
L’Atlante ha suscitato un grande
interesse dal punto di vista mediatico, così come certificato da “Altimetric”
nella sua Top 100 del 2016. (1)
Una cosa che mi piace
sottolineare, è che tutto il team italiano di questo progetto (Falchi, Cinzano
e Furgoni ndr) è composto da
volontari.
Parlaci della pubblicazione su “Science Advance”
Nel dicembre 2015 proponemmo la
pubblicazione secondo le procedure a “Nature” e aspettammo una risposta.
Nell’ambito delle riviste scientifiche è previsto che non si possano fare
“invii in contemporanea” e quindi attendemmo. Ottenemmo una risposta da parte
di “Nature” dove ci veniva
consigliato di proporlo ad un’altra rivista dello stesso gruppo che è “Nature
Communication”.
Sottoponemmo quindi il lavoro a “Science”,
pubblicata dall’American Association for
the Advancement of Science, e dopo circa un mese, ricevemmo una risposta
nella quale ci consigliavano una pubblicazione su “Science Advances”.
Optammo per questa strada e l’Atlante
Mondiale dell’Inquinamento Luminoso venne pubblicato su “Science Advances” nel giugno del 2016.
Quali sono i prossimi obiettivi del lavoro della tua squadra e di
CieloBuio?
Dobbiamo dividere gli obiettivi
in 2 grandi aree: obiettivi scientifici e obiettivi politici e normativi.
Obiettivi scientifici: Stiamo
lavorando ad una versione dell’Atlante più approfondita dal punto di vista
statistico, perfezionando le mappe a livello regionale e provinciale per l’Europa
e a livello di stati e contee per gli USA. Vorremmo pubblicare un nuova
versione dell’Atlante - con una serie di innovazioni che stiamo sviluppando -
verosimilmente tra il 2019 e il 2020. (2)
Obiettivi politici e normativi:
Bisogna dare merito a CieloBuio se
noi in Italia siamo quelli più
all’avanguardia a livello di norme regionali, ma c’è ancora molto da fare
ovviamente. Non esiste de facto una
normativa a livello nazionale in Italia, e quindi siamo costretti a lavorare
“su più tavoli” a livello regionale. Ovviamente le normative vigenti sono
estremamente restrittive secondo coloro che inquinano, e troppo blande per chi
si interessa alle ricadute dell’inquinamento luminoso sulla salute e l’ambiente.
E’ sotto gli occhi di tutti, letteralmente, il peggioramento della situazione
negli anni, a conferma della necessità di rendere ancora più efficaci le leggi
per il controllo del fenomeno.
In tutte le leggi c’è un
paradosso di fondo, perché si è riusciti a raggiungere dei parametri corretti a
livello di singolo impianto, tuttavia non vi è un limite massimo al numero
degli impianti che si possono installare. Come si può facilmente comprendere,
questo rende inadeguata la normativa nella sua finalità di riduzione del
fenomeno.
Dal punto di vista normativo,
siamo allarmati da alcuni parametri indicati dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Patrimonio e del Mare attraverso i CAM
pubblicati lo scorso mese di ottobre.
I CAM sono i Criteri Ambientali Minimi indicati dal Ministero competente. Quelli
di ottobre rappresentano la seconda versione, la prima era del 2013. Come
CieloBuio siamo stati invitati al tavolo di lavoro per dare il nostro
contributo, ma siamo stati inascoltati.
In quella sede abbiamo indicato
due parametri:
- Il primo era la “schermatura
totale” degli impianti per cercare di limitare l’inquinamento verso l’alto.
All’interno del CAM si danno parametri di schermatura parziali che sono meno
efficaci di molte leggi regionali attualmente vigenti.
- La seconda era la “limitazione
sostanziale delle emissioni nella parte blu dello spettro”, che sono quelle che
si diffondono maggiormente nell’atmosfera, hanno una diffusione fastidiosa all’interno
dell’occhio e sono i più dannosi per la salute. (3)
La ricerca dell’efficienza come
unico obiettivo porta a conseguenze ambientali negative in quasi tutti i
parametri. Per fare un paragone, potremmo prendere in considerazione un’auto
alla quale togliamo tutti i sistemi di protezione ambientale, come i filtri presenti
nel tubo discarico. L’auto percorrerebbe molti più chilometri con un litro,
sarebbe più efficiente quindi, ma cosa succede all’inquinamento atmosferico
nelle nostre città? Voi rimarreste accanto ad un’auto rumorosa con i gas di
scarico che in pratica escono direttamente dal motore senza alcun filtro?
Quando salutiamo Fabio Falchi è ormai buio e alzando gli
occhi al cielo, nel cortile dell’Osservatorio Astronomico di San Benedetto Po, in
piena campagna, intravvediamo la Via
Lattea, ma non riusciamo a vederla in modo definito. Abbassiamo lo sguardo
e guardiamo Fabio Falchi certi che andrà avanti nelle sue attività scientifiche
e divulgative. Noi di Cosmobserver ne
daremo notizia.
Di seguito i contatti di
CieloBuio - Coordinamento per la protezione del cielo notturno
Emmanuele Macaluso
NOTE:
(1) “Altimetric” indica l’articolo di “Science Advances” dedicato all’Atlante Mondiale dell’Inquinamento
Luminoso al decimo posto nella sua Top 100 del 2016, al terzo nelle scienze fisiche
e primo tra i lavori guidati da italiani. L’articolo è stato ripreso più di 400
volte tra articoli, servizi radio e TV in tutto il mondo. Dati consultabili al
link https://www.altmetric.com/top100/2016/
(2) Ne daremo notizia
approfondita al momento dell’uscita.