Daniele Gardiol è un astronomo e tecnologo italiano, attualmente operativo presso l’Osservatorio Astrofisico di Torino – INAF. Dal 1997 al 1999 ha contribuito alla costruzione del Telescopio Nazionale Galileo sito alle Canarie. Ha collaborato al progetto “Gaia” e attualmente è impegnato in due progetti internazionali: il “Cherenkov Telescope Array” e “Prisma”. Il suo curriculum conta ad oggi più di 50 pubblicazioni scientifiche e oltre 100 note tecniche.
Per la seconda volta mi reco all’Osservatorio Astrofisico di Torino, per
intervistare un astronomo di questo prestigioso sito astronomico. L’intervista
si svolge all’esterno, sulla terrazza degli uffici che si affaccia su una
splendida vallata, e che viene utilizzata anche per svolgere alcune serate osservative organizzate dal
vicino planetario.
L’intervista inizia con la mia curiosità
circa il termine “tecnologo”. Gardiol, dimostrando anche un’ottima
capacità divulgativa, mi spiega che il tecnologo è un astronomo specializzato
nello sviluppo della tecnologia applicata all’astronomia e ai suoi strumenti.
Apprendo che negli enti di ricerca, tra i quali rientra anche l’INAF, esistono due tipologie di
scienziati: il ricercatore e il tecnologo. L’importanza delle due figure è
assolutamente equiparabile.
Il ricercatore è l’astronomo che osserva, studia, scopre e attraverso pubblicazioni o
altri canali divulgativi condivide quello che ha imparato a conoscere. Il
tecnologo è colui che si occupa dello sviluppo della strumentazione, attraverso
simulazioni e una grande capacità di provare a prevedere tutte le condizioni di
utilizzo dello strumento. Il lavoro del tecnologo avviene generalmente prima di
quello del ricercatore, che in seguito utilizzerà le tecnologie sviluppate dal
primo.
Quanto appena scritto è esaltante se si pensa
che gli ambiti operativi di un tecnologo moderno sono complessi e al limite
della fantascienza.
È il caso di Daniele Gardiol che ha collaborato alla buona riuscita di progetti
internazionali di assoluta eccellenza. Tra questi spicca la missione “Gaia” dell’ESA, l’Agenzia Spaziale
Europea. Ha iniziato occupandosi di uno strumento di bordo denominato “BAM”
(Basic Angle Monitoring), grazie al
quale la sonda riesce ad interpretare l’angolo tra i due telescopi che utilizza
per la mappatura dell’universo. Conoscere l’esatta angolazione di questi due
strumenti permette di poter sovrapporre quello che “vedono” i due telescopi,
creando un’immagine con un margine di errore pressoché inesistente nella
costruzione della mappa dell’universo che la sonda ci sta inviando.
Un progetto che ha unito l’astronautica all’astronomia e che ha visto il mio intervistato ricoprire il ruolo di
“coordinatore del modello di strumento”.
Proprio Gaia può farci comprendere un altro
aspetto della complessità del lavoro del tecnologo. Una sonda è un prototipo,
un pezzo unico e dal valore economico-scientifico valutabile in milioni di
dollari. Il tecnologo deve prevedere ancor prima del lancio, tutte le possibili
condizioni interne ed esterne alle quali sarà sottoposta la delicata
attrezzatura di bordo.
Anche una macchina di Formula 1 è un prototipo, tuttavia si deve però pensare che in caso
di malfunzionamenti, oltre alla telemetria, alla fine del giro di pista, i
meccanici possono agire manualmente su un’eventuale problema del mezzo. Questo
non può avvenire per una sonda spaziale. Quindi attraverso simulazioni,
confronti con gli altri membri del progetto e una grande capacità previsionale,
il tecnologo si assume la responsabilità del futuro funzionamento di un
progetto da milioni destinato a viaggiare nel cosmo.
Il progetto Gaia per il tecnologo è terminato
il 19 dicembre del 2013, con il lancio da parte dell’ESA e la partenza dalla
Guiana francese.
Attualmente Gardiol è impegnato
principalmente in due progetti. Il primo è il “Cherenkov Telescope Array” (CTA), gestito da un consorzio mondiale che attraverso
questo progetto si pone come obiettivo quello di osservare da terra i raggi
gamma provenienti dal cosmo.
Mi viene spiegato che, quando i raggi gamma
raggiungono l’atmosfera terrestre, attraverso cambiamenti fisici, producono
degli sciami di particelle. Questi sciami producono una luminescenza di colore
blu, nota come “radiazione di Cherenkov”.
Attraverso lo studio di queste radiazioni luminose si può risalire alle
caratteristiche del raggio gamma e studiare l’oggetto celeste che lo ha prodotto.
È come se studiando gli effetti di un fenomeno fisico, andando a ritroso, se ne
possa comprendere anche l’origine. Sono impegnati in questa ricerca circa un
centinaio di telescopi, di diversa
grandezza, posizionati su un km quadrato
circa. Gardiol partecipa allo sviluppo del software
di controllo dell’ottica attiva dei
telescopi piccoli coinvolti nel progetto. Ogni telescopio ha al suo interno
degli specchi segmentati che hanno il compito di catturare la luce. Questi
specchi devono essere riposizionati, attraverso delle correzioni a bassa
frequenza, ogni volta che si sposta lo strumento. Ulteriori informazioni su
questo progetto sono disponibili sul sito ufficiale https://portal.cta-observatory.org/Pages/Home.aspx
Il secondo progetto che vede in prima linea
il mio intervistato, e che coinvolge attualmente anche i francesi, si chiama “PRISMA” (Prima Rete Italiana per lo Studio delle Meteore e dell’Atmosfera).
PRISMA consiste nel posizionamento di alcune
telecamere puntate costantemente verso il cielo. Le telecamere sono protette da
uno chassis che le rende simili a delle bottigliette d’acqua da mezzo litro.
Una di queste è posizionata sul tetto dell’osservatorio di Torino e potete
vederla nella foto che correda questo articolo, posizionata sul muretto accanto
al protagonista. Tutte le “telecamere” utilizzate sono identiche, eliminando
differenze di ottiche e software; scattano 30 immagini al secondo e sono
collegate in rete con un elaboratore centrale che elabora tutte le
informazioni. Ogni volta che una meteora
entra nell’atmosfera viene
ripresa da più angolazioni.
Grazie all’incrocio dei dati, alla
triangolazione delle informazioni, si possono ottenere molte indicazioni utili
circa la provenienza, l’orbita e il sito nel quale sarà possibile raccogliere
eventuali meteoriti. Una vera e propria mappatura delle meteore sul cielo
italiano e francese. È tuttavia facile immaginare che questo progetto possa
estendersi anche ad altri Paesi europei. Una di queste telecamere ad esempio è
già attiva in Austria. È possibile seguire l’andamento di PRISMA sul sito www.fripon.org.
L’intervista al Dott. Gardiol termina
parlando di divulgazione e della sua
importanza. Mi spiega che la sua esperienza lo ha portato a riconoscere due
tipi di divulgazione attraverso i libri. Nel primo caso ci troviamo di fronte
ad un tipo di divulgazione così rigorosa che diventa poco fruibile dal non
addetto ai lavori. Nel secondo caso invece ci troviamo di fronte ad una
divulgazione un po’ troppo semplicistica, dove il cosmo diventa solo un
pretesto per raccontare una storia che spesso è ricca di disattenzioni ed
errori scientifici. L’approccio giusto, come capita spesso, sta nel mezzo.
La nascita del primo figlio, ha portato
Gardiol ad interrogarsi sulle necessità e modalità di divulgazione, soprattutto
nei confronti di un pubblico molto giovane. I genitori dell’astronomo erano
entrambi insegnanti delle elementari e unendo i suoi ricordi alla sua nuova
veste di padre, ha creato una storia che parla di “Giallina, la stella bambina”, attraverso la quale spiega ai più
piccoli l’evoluzione stellare con parole semplici utilizzando la tecnica dello storytelling.
Concludo questo articolo riportando le
impressioni dell’intervistato circa il suo approccio alla divulgazione
attraverso le sue parole:«Mi sentirei impoverito se quello che faccio rimanesse
nella mia stretta cerchia. Coinvolgere il cittadino, che è colui che paga le
tasse, spiegando la bellezza di quello che faccio e vedo, è per me
gratificante».
Anche questa volta, oltre ad un astronomo
abbiamo avuto il piacere di incontrare un uomo.
Emmanuele Macaluso