Franco Egidio Malerba, nato a Busalla (Ge), classe 1946, due lauree
(ingegneria e fisica), è il primo astronauta italiano della storia. È stato
specialista di carico a bordo dello space shuttle Atlantis nella missione
STS-46 del 1992. Eurodeputato nella quarta legislatura del Parlamento Europeo
nelle file del PPE, è stato insignito dell’onoreficenza di Commendatore
dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Nel 1992 gli viene conferita
la Medaglia Colombiana della Città di Genova. L’asteroide 9897 porta il suo
cognome in suo onore.
(Franco Malerba
durante l’intervista – Credit photo Emmanuele Macaluso)
Intervistare un astronauta vuol dire trovarsi di fronte
ad un’eccellenza assoluta. Non importa la missione o il mezzo attraverso il
quale si va nello spazio. Durante il viaggio che ci ha portati a Busalla, in
provincia di Genova, è un pensiero fisso quello che ci fa pensare al fatto che
a breve saremmo stati al cospetto del primo astronauta ad aver portato il
vessillo italiano nello spazio.
Quello che ha abbattuto la barriera del “mai fatto prima”.
Franco Malerba ci accoglie in
casa sua con generosità e affabilità e ci dedica tre ore e mezza del suo
prezioso tempo. Saltano un po’ i paradigmi, perché il classico schema
“domanda-risposta” lascia spazio ad un racconto spontaneo e biografico di
Malerba. All’interno del resoconto di quell’incontro, per motivi di spazio e di
discrezione, faremo una sintesi.
La passione di Franco Malerba per l’ingegneria prende
forma fin dalla tenera età. Dotato fin da piccolo di una buona manualità, il
suo giocattolo preferito era il “Meccano”. Arrivato al liceo entra in contatto
con la fisica, tuttavia dopo il diploma decide di laurearsi in ingegneria a
Genova nei 5 anni canonici. Dopo la laurea in ingegneria si dedica a quella in
fisica, che consegue con la volontà di fare il ricercatore.
Dopo la seconda laurea entra in
qualità di ufficiale di complemento nella Marina
Militare Italiana e viene imbarcato sulla nave San Giorgio in qualità di
Professore di meccanica razionale e fisica. Entra a far parte del CNR e tra il 1972/73 va per la prima
volta negli Stati Uniti grazie ad una borsa di studio in fisica e partecipa ad
un importante esperimento. Seppur con qualche perplessità, nel 1975 lascia il
CNR ed entra in un’azienda informatica privata in qualità di project manager. E
proprio mentre lavora nell’informatica arriva la sua (inaspettata) opportunità
per entrare nel mondo dell’astronautica. Un articolo di giornale, portato
all’attenzione di Malerba da un amico, ricerca dei candidati astronauti per
conto del governo inglese in vista del progetto SPACELAB. Franco Malerba decide di provarci e invia la sua
candidatura. Gli inglesi lo “rimandano” ai loro pari italiani che allora
facevano parte del Ministero per il coordinamento dei progetti scientifici. Ai
tempi non esisteva ancora l’ASI (Agenzia Spaziale Italiana).
Malerba entra in contatto con il
Ministero e inizia l’iter per la valutazione dei candidati italiani da inviare
successivamente all’ESA. Al termine
delle prove (1° visita medica e attitudinale – 2° prova scientifica) vengono
selezionati in 5.
Inizia quindi la selezione presso
l’ente spaziale europeo con ben 4 scogli da superare. Il primo a Parigi, una complessa
prova di natura tecnico-scientifica. La seconda era volta a comprendere le esperienze
di ricerca e professionali. La terza era un’impegnativa prova scientifica. Infine
la quarta, una dura selezione fisica e attitudinale, con tanto di “centrifuga”.
Al termine del lungo iter di selezione dell’ESA furono in 4 gli astronauti
selezionati: un italiano (Franco Malerba), un tedesco, uno svizzero e un
olandese.
I 4 aspiranti astronauti vennero
inviati alla NASA per l’inizio
dell’addestramento.
A questo punto, agli albori
dell’attività aerospaziale europea, per motivi formali e tecnici vengono fatte
scelte che portano Malerba a non rientrare nei piani ESA/NASA in tempi brevi.
Nel frattempo, in attesa di chiarimenti circa la sua situazione, l’italiano
collabora per sviluppare un sistema che successivamente avrebbe volato su
SPACELAB e che avrebbe operato nell’ambito della fisica ionosferica.
Maleba inizia ad occuparsi di
telecomunicazioni e si trasferisce a Roma, rimanendo in contatto con il “Piano Spaziale Nazionale”, ovvero la
futura ASI.
Per poter andare nello spazio,
Malerba accetta di iniziare da capo tutti gli iter di selezione. Selezione che
risupera brillantemente. Fin qui il racconto “a ruota libera” di Franco
Malerba. Un racconto che ha sintetizzato ben 15 anni della sua vita.
Quando e come ha saputo di avere in tasca il biglietto per poter avere un
seggiolino a bordo di una missione spaziale?
Nel 1991, ero andato a Roma per
un incontro in quella che allora era la nostra agenzia spaziale. Era una sorta
di intervista investigativa che veniva fatta individualmente. 2 giorni dopo,
mentre ero in albergo, venni raggiunto da una telefonata del direttore Carlo Buongiorno che mi informava della
mia selezione per la missione. La stampa aveva già rilanciato la notizia e
Buongiorno – un po’ irritato – pensava che fossi stato io a parlare con i giornalisti.
Ma io lo seppi in quel momento da lui e in quello strano modo.
Qual è stato il momento della sua esperienza che focalizza meglio la
sua epopea?
Quando ho scritto il mio libro
(“La Vetta” - ndr), è stato quello il
momento in cui ho dovuto mettere insieme le mie memorie. Scrivere il libro mi
ha aiutato a rivivere e focalizzare la mia esperienza nello spazio a distanza
di tempo.
Quali sono invece i momenti nello spazio che ricorda con maggior
piacere o faciltà?
Ce ne sono diversi. La
conversazione con il Presidente del Consiglio dell’epoca Giuliano Amato ad
esempio, fu per me importante anche dal punto di vista comunicativo.
La mia missione ebbe anche
qualche problema con l’esperimento del “satellite
a guinzaglio”. In quel frangente abbiamo sconfinato e infranto le regole di
volo che ci volevano attivi per 16 ore al giorno. Dover ovviare a
quell’anomalia ci fece lavorare a lungo fino alla messa sotto controllo del
satellite. Fu un momento intenso.
Poi c’è un episodio che ricordo
spesso e riguarda un floppy disk. All’epoca sullo shuttle avevamo dei computer
e usavamo dei floppy disk per salvare i risultati degli esperimenti e i dati.
Ne avevo circa una dozzina e al termine dell’utilizzo li inserivo in un
astuccio con delle tasche appeso alla parete dell’Atlantis. Al termine dell’utilizzo di un floppy, forse non lo misi
correttamente nell’astuccio e successivamente mi accorsi che non era al suo
posto. Ovviamente nello spazio, in microgravità le cose “volano” e bastano
piccole correnti per influenzarne le traiettorie. Con un po’ di imbarazzo andai
dal comandante per informarlo dello smarrimento del floppy disk. Il comandante
mi consigliò di andare a vedere nella griglia di aspirazione del gabinetto. Il
dischetto era lì.
Ricorda cosa faceva la notte dell’Apollo 11 nel luglio 1969? Quanto ha
influito sul suo futuro quella notte?
Ero a casa con la mia famiglia a
Genova, seguimmo l’impresa alla TV come molti altri quella notte. Rimasi
colpito dalla telecronaca di Tito Stagno
e dal siparietto legato al momento dell’allunaggio in cui c’era disaccordo tra
lo studio e l’inviato. In quel momento Tito Stagno divenne popolare quanto Neil Armstrong!
Devo dire per il resto che
guardai con interesse ma non con eccessiva passione quell’evento.
Mi aveva colpito maggiormente la
missione Apollo 8, quella che per la
prima volta circumnavigava la Luna e
andava a vedere quello che è il “lato nascosto” del nostro satellite.
Il programma Apollo ci ha insegnato quanto sia importante la
divulgazione e una corretta comunicazione delle missioni astronautiche e della
scienza. Qual è la sua visione della divulgazione scientifica?
La divulgazione scientifica è
importantissima. Secondo me esistono quattro livelli di conoscenza delle cose:
1 – Quello in cui si legge e
comprende quanto letto
2 – Quello in cui si supera un
esame e si dimostra di aver assimilato quanto studiato
3 – Quello in cui si è in grado
di tenere una lezione, e quindi si riesce a trasmettere quanto assimilato
4 – Quello divulgativo, il più
alto, quello in cui conosci così bene un argomento da riuscire a farlo
apprezzare dagli altri
Quali sono i suoi programmi per il futuro?
Quest’anno ricorre il
venticinquesimo anniversario del mio volo nello spazio e sono molto impegnato,
in collaborazione con il Comune di Busalla e l’Assessorato alla Cultura, per
l’organizzazione del Festival dello
Spazio. Un evento che ho fortemente voluto e al quale tengo molto.
Dal 27 al 31 luglio, a Busalla
riuniamo il meglio dell’astronautica
italiana grazie alla collaborazione con i grandi player nazionali. Tra l’altro, a poche ore dal suo lancio con la Soyuz, avremo anche un collegamento con
il mio amico Paolo Nespoli.
Il programma completo è
disponibile all’indirizzo http://www.festivaldellospazio.com/
Emmanuele Macaluso
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