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martedì 21 marzo 2017

PERSONAGGI E PERSONALITA’: INTERVISTA A PIERO BIANUCCI

Piero Bianucci è uno scrittore, giornalista e divulgatore scientifico italiano. Editorialista de “La Stampa”, ha contribuito a fondare e ha diretto per 25 anni il settimanale “Tuttoscienze”. Ha scritto una trentina di saggi divulgativi, molti dei quali dedicati all’astronomia.
Già docente a contratto di Comunicazione Scientifica all'Università di Torino, ora insegna in un Master post-laurea dell'Università di Padova.
Nel 1992 la Commissione dell’Unione Astronomica Internazionale (Cambridge, Usa) che battezza i nuovi corpi celesti, ha assegnato il nome «Bianucci» al pianetino n. 4821, scoperto nel 1986 da Walter Ferreri presso l’Osservatorio Australe Europeo, in Cile.
È stato alla guida di molte organizzazioni museali e divulgative, tra queste segnaliamo l’incarico di presidente del Planetario di Torino INIFINI.TO. Cura il mensile "Le Stelle", fondato da Margherita Hack.
Nel corso della sua carriera ha vinto numerosi premi scientifici e culturali. Ulteriori informazioni sul suo sito ufficiale all’indirizzo www.pierobianucci.it

(Nella foto Piero Bianucci nel suo studio – Credit photo Emmanuele Macaluso)

Non capita tutti i giorni di essere ricevuti da uno dei massimi esponenti della divulgazione scientifica italiana. Per chi svolge questa attività con dedizione e passione, un incontro come quello di oggi ha un valore intenso. Piero Bianucci ci accoglie nel suo studio per condividere aneddoti ed esperienze.

D. Come è iniziata la sua attività di divulgatore scientifico?
R. Ho iniziato come giornalista alla “Gazzetta del Popolo” nel 1967. Il mio maestro è stato Monsignor Cottino, che nonostante la sua appartenenza religiosa mi ha permesso di mantenere una mia visione laica del mondo e della professione. In quel frangente ho potuto apprezzare e imparare tutte le attività che sono dietro la pubblicazione di un giornale. Successivamente ho cominciato a scrivere per “La Stampa”. Alla fine degli anni ’60, lo spazio è stato un vero e proprio spartiacque e ha segnato a tutti gli effetti la nascita della divulgazione e del giornalismo scientifico. Per la prima volta, sulle prime pagine dei quotidiani non si parlava solo di politica (soprattutto quella interna), ma di esplorazione spaziale e scienza.
Una divulgazione diversa da quella che conosciamo oggi, decisamente più semplice, meno approfondita e tecnica. Forse anche più ingenua. In un primo momento non amplificata da specialisti, ma da giornalisti prestati alla scienza. In quel periodo ho potuto vedere all’opera uno dei padri della divulgazione scientifica italiana: Didimo.
Didimo era lo pseudonimo di Rinaldo De Benedetti. Era un giornalista di origine ebraica, che per questa ragione non aveva accettato di tesserarsi e aderire al fascismo. Ha lavorato celandosi dietro pseudonimo e “in nero” presso la Garzanti, dando un grande impulso alla nascita della divulgazione giornalistica nel nostro Paese. Ha scritto per “La Stampa” fino al 1995, e lo ha fatto sempre con grande lucidità, fino alla sua morte. È stato un esempio per tutti i giovani cronisti e ha segnato la professione di molti di noi.
Il mio primo articolo da divulgatore, fu pubblicato in taglio basso, in terza pagina intorno all’otto – nove agosto, agli inizi degli anni ’70. L’articolo era dedicato a quelle che comunemente vengono chiamate “Lacrime di san Lorenzo”. Ho scritto il testo spiegando il fenomeno scientifico e raccontando delle 4000 tonnellate di roccia che entrando nell’atmosfera creano quelle scie luminescenti.
La mia prima pubblicazione – intesa come libro – è curiosamente avvenuta grazie a Peter Kolosimo, noto sostenitore delle pseudoscienze e vincitore del Premio Bancarella. Mi mise in contatto con la casa editrice con la quale pubblicava a Milano: la Sugar. La Sugar ai tempi era di proprietà del marito di Caterina Caselli. Fu così che nel 1975 venne dato alle stampe il mio primo saggio intitolato “Universo senza confini”. Un libro che, nonostante il ruolo di Kolosimo nel creare in contatto con la Sugar, ovviamente aveva un taglio assolutamente scientifico. Per accentuare la distanza dalle pseudoscienze, pur mantenendo viva la mia gratitudine verso Peter per quell’opportunità, la prefazione fu affidata a Mario Girolamo Fracastoro, direttore dell’Osservatorio Astronomico di Torino.

D. Come ha visto evolvere, nel corso della sua lunga carriera, la divulgazione scientifica?
R. All’inizio della mia carriera, le persone molto spesso entravano in contatto con la notizia attraverso la televisione e si formavano un’opinione leggendo i giornali. La radio aveva ancora un ruolo importante, ma in termini di importanza veniva dopo i giornali e la TV. Il vero approfondimento era ad appannaggio della carta stampata.
Ora i canali di divulgazione sono di più. Ognuno di noi può avere un’opinione e ne può diventare fonte. Questo rende il lavoro di ricerca per chi vuole fare divulgazione più difficile. In più c’è un altro fattore da aggiungere, infatti oggi il tempo medio di attenzione sul web è di soli 25/30 secondi. Fare un ragionamento è diventato complicato. Da questo punto di vista i blog hanno una loro efficacia se si dà per scontato che chi digita l’indirizzo di un blog vuole approfondire ed entrare più a fondo nell’argomento.

D. Molti dei suoi lavori sono dedicati all’astronomia, come nasce questo suo interesse?
R. La passione per l’astronomia nasce dal piacere di vedere il cielo e di imparare che ho avuto fin dalla giovane età. Avevo un binocolo con il quale guardavo tutto ciò che era osservabile. La lettura di molti libri di astronomia e il momento storico con le grandi imprese spaziali hanno alimentato il mio interesse e la mia passione fino a farne una professione.

D. Come ha vissuto, nel luglio del 1969, l’allunaggio dell’Apollo 11?
R. Ero stato mandato dal giornale fuori Torino, per seguire l’allunaggio insieme ai fratelli Achille e Giovanni Battista Judica Cordiglia, presso la sede dove, tramite le onde radio, ascoltavano i segnali dallo spazio. Gli Judica Cordiglia erano particolarmente noti alle cronache del tempo per la loro attività radio nel monitoraggio delle attività spaziali americane e sovietiche.
Ho passato quei momenti in una stanza al piano inferiore rispetto alla sala radio, dove quella sera non entrai. Ogni tanto i fratelli Judica Cordiglia scendevano e ci davano delle indicazioni su quello che stava succedendo:«Si stanno avvicinando», «Hanno allunato» ecc.
Ero insieme ad una ventina di persone e non avevamo un televisore per seguire l’allunaggio come stava facendo praticamente tutto il mondo in quel momento. Ho vissuto quella serata attraverso il “diaframma” dei due fratelli e prendendo le impressioni degli altri giornalisti e del pubblico presente in sala.
Rividi le immagini dell’allunaggio nelle ore successive.
Mi tolsi qualche soddisfazione in più vent’anni dopo, nel giugno del 1989, in un Teatro Colosseo gremito da 1400 persone, a Torino. In vista delle celebrazioni per il decennale della missione Apollo 11 ebbi il piacere di intervistare l’astronauta Michael Collins (1). Ricordo che in quell’occasione ne apprezzai la solidità umana, tecnica e psicologica. Sul palco era presente anche Cristiano Batalli-Cosmovici (2).

D. Lei cura il mensile “Le Stelle”, quali sono le principali caratteristiche di una rivista così prestigiosa?
R. Intanto quella di dare ai lettori la possibilità di leggere testi scritti da firme riconosciute. Il tasso di preparazione è decisamente alto, molto distante rispetto a quello visto agli esordi della divulgazione scientifica e della quale abbiamo già parlato.
A questo si aggiunga anche una caratteristica che però è dei nostri lettori. Molti dei nostri abbonati e lettori vedono in “Le Stelle” non solo un prodotto editoriale specializzato, ma un vero e proprio oggetto da collezione. Molti lo acquistano non solo per informarsi e approfondire, ma anche per il piacere di possederlo nella propria biblioteca.

D. Terminiamo l’intervista con una domanda d’obbligo. Qual è la sua definizione di divulgazione?
R. Avere una buona notizia scientifica e fare capire cosa cambia nella tua vita con parole tue.

Emmanuele Macaluso


Note:
(1) Michael Collins, era un membro della missione Apollo 11. Dei tre membri dell’equipaggio, fu l’unico che non mise piede sulla Luna, rimanendo sul modulo di comando e servizio (CSM) in orbita attorno al nostro satellite naturale.

(2) Cristiano Batalli-Cosmovici è stato uno dei candidati dell’Italia ad essere proposto all’ESA per diventare astronauta. È autore di circa 200 documenti di ricerca ed è attualmente direttore della ricerca in bioastronomia all’Istituto per le Scienze Planetarie (CNR) a Roma.

Un ringraziamento ad Antonio Lo Campo per aver creato le condizioni all’incontro tra lo scrivente e il Dott. Bianucci.

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